| Velluti Giovanni Battista | soprano
[ 1780 - 1861 ]
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Castrato sopranista italiano. L'ultimo grande castrato professionista ad esibirsi in teatro. St. a Ravenna con Calpi e a Bologna con Mattei. Deb. a Forlì nel 1800-01; Napoli S.C. 1803, Roma Arg. 1805-07, fra l'altro con prime interpretazioni di opere di Andreozzi, Guglielmi e Nicolini; canta nella prima di Coriolano di quest'ultimo, con la Colbran, per l'inaugurazione della stagione 1808 della Sc. di Milano; vi canta opere di Federici, Lavigna, Pavesi (I rappr. di Arminia); nel 1813 è a Venezia F. e di nuovo Sc. di Milano dove è il primo Arsace nell'Aureliano di Rossini; Torino, Monaco, Vienna, Pietroburgo; nel 1822 a Reggio E., Parma, ecc. canta nel Tebaldo e Isolina di Morlacchi; alla F. di Venezia, Andronico di Mercadante e Armando nella I rappr. del Crociato in Egitto di Meyerbeer (1824), che poi canta a Londra nel 1825 con la Malibran; si esibisce a Londra fino al 1829, destando sorpres e ammirazione; canta ancora privatamente, in particolare a Venezia Eccellente virtuoso dal timbro angelico, fu l'ultimo a perpetuare la gloriosa e secolare tradizione dei castrati d'opera. La leggenda secondo la quale avrebbe eccessivamente sovraccaricato di ornamenti la sua parte in Aureliano, provocando la pretesa caduta del'opera e facendo decidere Rossini a scrivere egli stesso per esteso tutti i passaggi, non ha alcun fondamento. Rossini rimpianse sempre la scomparsa dei castrati e conservò la sua amicizia con Velluti (che forse aveva preparato insufficientemente l'opera dell'allora debuttante Rossini), per il quale ancora nel 1822 egli scrisse la cantata Il Vero omaggio. Testimone di un'altra epoca, V. sembra aver mantenuto una preferenza per l'alto virtuosismo rispetto allo stile nobile e patetico dei castrati della fine del XVIII sec.: Mendelssohn lo trovava piuttosto inespressivo, ma Stendhal, che lo ascoltò nel 1831, fu 'comosso fino alle lacrime' da quella voce che, pur mancando ormai di potenza, aveva conservato intatto tutto il suo fascino. |
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